ANNAPURNA: STORIA BREVE DI TREKKING LUNGO FATTO VELOCE (PARTE 3/4)

ANNAPURNA: STORIA BREVE DI TREKKING LUNGO FATTO VELOCE (PARTE 3/4)

22 marzo 2024, a cura di Francesco Rigodanza

Day 4 - Manang– Ranipauwa, 35 km 2000 d+

“Altissima, Purissima, Levissima”

Reinhold Messner che descrive la sua prima crisi in Nepal

Il giro intorno all’Annapurna non prevede cime, nessun 8000 in mente e vivendo una vita fatta di paragoni, arrivare ai 5400 m in mezzo a questo ventaglio di possibili ipossie sembra una passeggiata di salute. Non lo è, raggiunti i 3000 m la quota è diventata un fattore. Non solo continue pause pipì per cercare pressioni interne completamente sfasate. È un po’ che i segnali si fanno più numerosi: il cerchio alla testa, la costante sensazione di spossatezza, il calo di appetito, il fiato più corto.

Lentamente si aggiunge un secondo zainetto da portare lungo il percorso, uno zaino a peso variabile caricato a Chame e di cui è possibile liberarsi solo una volta ridiscesi sotto quota 3000. In ogni paese attraversato lungo il cammino abbondano tabelloni informativi riportanti i sintomi del mal di montagna, ma questo non basta per riuscire a comprenderlo e affrontarlo nel migliore dei modi.

Oggi è il giorno della verità. O si passano i 5400 m di Thorang La Pass o non sarà possibile fare tutto il trekking dell’Annapurna in tempo per il volo di ritorno.

Però Francesco ieri tossiva verde e oggi le cose non vanno meglio. Non è riuscito a fare colazione e dopo 500 metri di strada è costretto a fermarsi per evitare svenimenti non richiesti.

“Non ce la faccio. Io devo fermarmi qua”

“Dai, andiamo su con calma”

“Non è vero e non ce la faccio. Non sto bene. Torno in sacco a pelo. Non vi preoccupate. Andate avanti”

Roberto e Alessio salutano, Michele è già troppo avanti per rendersi conto di cosa sta succedendo alle sue spalle. Camilla si ferma e nonostante fosse convinta che sarebbe stata abbandonata a 5000 metri di quota dai suoi compagni, fa assistenza a chi è in difficoltà. La compagnia si separa.

Rimangono Michele, Roberto e Alessio. Fino ai 4000 metri di Yak Karka la salita è regolare, poi sopraggiungono le difficoltà. È la quota e nessuno poteva prevederne la reazione. Alessio sembra essersi ripreso. Roby sembra più stanco. Michele sembra avere fatto lo sherpa fino al giorno prima della partenza.

Michele è venuto in Nepal perché ha la fortuna di avere amici più vecchi di lui che hanno molta pazienza nel cercare di convincere qualcuno a fare le cose che più gli piacciono senza che questo se ne renda conto. Michele è in Nepal, perché va bene le montagne, ma la cosa che più voleva era stare semplicemente con i suoi amici. Quegli amici che per tanto tempo, lui molto più giovane, ha visto come eroi. Quelle persone che quando ha iniziato a correre erano già i punti di riferimento. Voleva le gambe di Alessio e il suo tempo libero, la determinazione di Roby, la spensieratezza di Francesco e la positività di Camilla. In Nepal ha cercato dei legami più saldi e più intimi, perché è in un viaggio così che ci si mette a nudo con chi si ha vicino e lo si conosce davvero.

La sua paura era di andare dall’altra parte del mondo e di continuare a pensare a quello che aveva a casa, di sentirsi solo e non riuscire a stare da solo. Voleva vivere alla giornata e dopo i primi giorni lo ha fatto alla grande.

Mentre gli altri due compagni alternano momenti di difficoltà lui procede sostenendoli con entusiasmo, che è quello che serve per arrivare ai 5400 metri di Thorang la Pass appena in tempo per apprezzarne la vista con gli ultimi raggi del sole, un freddissimo momento da immortalare in ogni modo possibile.

“Eccoci qua”

Arrivati in cima. Nessuno di loro è mai stato così in alto. Mai.

Commossi, contenti, ma non è finita. Il fascino di Thorang la Pass è che non c’è niente di niente per chilometri. Il problema di Thorang la Pass è che se sei stanco, affamato o infortunato non c’è niente di niente per chilometri. La sosta non è ammessa, è questione di sopravvivenza. Tocca usare ancora un briciolo di adrenalina per scendere nonostante siano ore che non si mangia più niente.

“È quasi fatta. Dopo sarà solo discesa…”

Al buio delle proprie frontali Alessio, Roberto e Michele entrano in un albergo di Ranipauwa e si incollano alla stufa della sala comune. Niente risate di festa, si sono sfiancati come non mai e anche l’umore felice ha bisogno di un minimo di calorie. Salto nel sacco a pelo, bozzolo dentro più strati di sporco e vestiti possibili e si prova a recuperare come si può per cercare di percorrere i chilometri che mancano alla civiltà nel modo più dignitoso possibile.

Day 5 – Ranipauwa - Tatopani 36 km 400 d+ + 15 km by 4x4

Day5bis – Manang – Chame 35 km 400 d+

«Chi siete? Dove andate? Quanti siete? Un fiorino!»

Casellante del Trekking

Annapurna Circuit Trek è uno dei trekking più famosi al mondo, ambito da molti, ma dove i molti sono solo turisti. È appositamente pensato per chi ha bisogno di un itinerario, meglio se ad anello, per dare maggior senso di pienezza e viaggio al proprio percorso. I nepalesi questo bisogno non ce l’hanno, molti giungono in quota in Jeep, si avventurano fino al passo e poi prendono deviazioni a sensazione. E hanno le loro buone ragioni. Tanti chilometri di questo trekking sono abbelliti dai filtri della novità e della diversità, ma i sentieri sono distanti dall’essere esaltanti. Spesso strade bianche, ogni tanto cementate, a volte anche asfalto con poche o nulle curve. Dei stracavolo di drittoni!

Su uno di questi drittoni si trovano oggi Alessio, Roberto e Michele. Hanno scavallato l’ostacolo più difficile, il passo a 5400 m, ed ora gli mancano gli ultimi 90 km. Ma sono stanchi, tanto. Hanno mangiato pochissimo nelle lunghe 9 ore di marcia del giorno precedente e stanno mangiando ancora meno oggi. Capita. Capita spesso quando ci si abitua a essere in moto per 8-10 ore al giorno e si perde la percezione della eccezionalità dell’attività. Fisiologicamente li aspetta una giornata di recupero: pochissimo dislivello, discesa di quota, quasi nulle difficoltà tecniche. Ma la testa è assetata di motivazioni e distrazioni, e da Kagbeni in poi il gruppetto ha visto solo che ghiaia e futuri ecomostri in cemento.

Roberto cerca per lunghi tratti di far correre i suoi compagni con scarsi risultati. È quello il suo compito, disciplinato e tenace è il migliore quando si tratta di non ascoltare le spie luminose accese dal proprio corpo e fare semplicemente quello che andava fatto. A volte troppo bravo. Roberto è venuto in Nepal, perché a lui piace allenarsi e tanto, ed è molto meglio se per farlo può affiancare ore di leggerezza con amici facendo cose che altrimenti non avrebbe mai fatto, o almeno non facendo ciclabili della Val Chiampo. In Nepal i suoi amici avevano un po’ paura che prendesse troppo agonisticamente qualcosa che, se affrontato in modo troppo agonistico, regala promesse di ritiro e delusioni, invece, complici la distanza dalle sue gare o lo stile di vita nepalese, è riuscito a mostrare un po’ di leggerezza anche lui, anche se per fare 35 km in piano oggi stanno procedendo a ritmo di “camminata svelta”. Stanchi, affamati e un po’ indolenziti da tutti quei chilometri in spalla.

Michele prova a cercare deviazione per trovare tagli su sentiero, impossibile, insiste, scendono verso il torrente, bloccati, rallentano ulteriormente. Fa ancora freddo e sono distanti da una meta che prometta una stufa. Ad un certo punto Alessio, mosso dalla motivazione dell’esaurimento nervoso, scatta in salita verso la strada. La ferma buttandosi in mezzo alla stretta carreggiata.

“Dateci un passaggio!” Fermo, deciso.

Nel frattempo, dall’altra parte dell’Annapurna, Camilla e Francesco si trovano su un altro amabile drittone. Sono ripartiti da Manang per fare al contrario il percorso dei giorni precedenti e poter così tornare a Kathmandu in qualche modo in tempo per il ritorno in aereo. Procedono a ritmo lento, molto lento, Francesco non magia da due giorni. Debole, triste, pieno di sensi di colpa. Sfortunatamente ridursi così era la sua paura. Fortunatamente non solo.

Alessio, Roberto e Michele si fanno lasciare, dopo 15 km di auto stop a Tatopani. Al primo vero Hotel con letti e docce calde. Esultano perché è un segno che sono quasi arrivati.

Francesco e Camilla, dopo alcuni tentativi mal riusciti di svenimento del primo, arrivano a Chame, dopo 6 ore di camminata. Esultano perché peggio di così non si poteva stare, quindi andrà solo che meglio.

Per tutti e cinque mancano solo 40 km.