Se la montagna non è più protagonista

27 novembre 2023, a cura di Cecilia Mariani

Cecilia è un’Accompagnatrice di Media Montagna e International Mountain Leader. Lavora come guida per gran parte dell’anno, prevalentemente sulle Alpi e in Scozia. Frequenta le montagne di casa fin da bambina, e negli anni le ha viste cambiare, così come ha visto cambiare il modo di frequentare queste montagne. Con il suo lavoro cerca di educare chi si approccia alla montagna per la prima volta, di spiegarne le “regole” per una frequentazione attenta e consapevole.

Mi ricordo le mie vacanze da bambina. Eravamo un bel gruppo: quattro famiglie con due o tre figli a testa e prendevamo d’assalto un piccolo villaggio alpino (cambiava ogni anno) per tre settimane di fila nel bel mezzo delle vacanze estive. I miei genitori e i loro amici riuscivano sempre a trovare i posti più sperduti delle Alpi, lontano dalle folle di turisti che loro odiavano. Eravamo bambini di città, seppur piccola, ma eravamo comunque abituati a passare il nostro tempo in casa, magari davanti alla TV. E nonostante le nostre partenze somigliassero più a un trasloco che all’inizio di una vacanza, sapevamo che sarebbero state due settimane di relativo isolamento: toccava inventarsi qualcosa.

Rifugio Locatelli Tre Cime di Lavaredo

La cosa curiosa è che non mi ricordo neanche un momento di noia: giocavamo tra di noi, correvamo per i prati alla ricerca di chissà cosa, intrappolavamo i girini nelle bottiglie di Gatorade per vedere se si trasformavano in rane (spoiler: morivano sempre prima!), fabbricavamo braccialetti di cotone per venderli ai passanti, collezionavamo sassi e mangiavamo un’incredibile quantità di gelato. Ho dei bellissimi ricordi di quelle vacanze, e non c’era giorno che mia mamma non dovesse chiamarci a squarciagola per farci rientrare in casa per cena.

Ci piaceva andare in vacanza in montagna perché ci piaceva la montagna. Ci andavamo per fare escursioni, dormire in rifugio e mettere i piedi nei torrenti gelati; ci andavamo per mangiare i panini seduti sull’erba, per trovare un po’ di tranquillità e per allontanarci dalla routine quotidiana. Ma dove sono finite oggi tutte queste cose?

Ogni estate lavoro come Accompagnatrice di Media Montagna in diverse zone delle Alpi e mi sembra di non riuscire più a trovare niente di tutto ciò. Mi sembra che le sempre più numerose persone che frequentano la montagna, sia in estate che in inverno, cerchino un duplicato della loro vita in città, con le sue comodità e i suoi consumi. Cercano intrattenimento, giochi, attività che non hanno niente a che fare con il luogo in cui si trovano ma che hanno il solo scopo di riempire le giornate. Improvvisamente sentieri e laghi non sono più abbastanza, prati e sassi non bastano più a intrattenere i bambini. All’improvviso la montagna non è più la grande protagonista, è lì semplicemente a fare da sfondo.

Cos’è cambiato in questi anni? A cosa è dovuto questa trasformazione sostanziale nel modo di fruire la montagna e di approcciarsi a questo ambiente? Io mi sono fatta la mia idea.

  1. Problema numero uno: il rapido aumento del numero di persone che si approcciano alla montagna dovuto, fra le altre cose, a un’aumentata voglia di stare all’aria aperta in seguito alla pandemia. Fin qui tutto bene, è una cosa molto positiva. Il problema è che spesso queste persone, che non conoscono l’ambiente montano, non ne conoscono i rischi e le regole, si approcciano allo stesso senza la dovuta preparazione e con un atteggiamento sbagliato, superficiale. Nessuna colpa, se non sono mai stati in montagna come fanno a saperlo? La cosa giusta da fare, in questo caso, sarebbe chiedere aiuto a chi in montagna ci lavora, a guide alpine e accompagnatori di media montagna, così da ricevere l’impostazione giusta per poter usufruire di questo ambiente in sicurezza e con responsabilità. E non lo dico certo per farmi pubblicità.

  2. Problema numero due: siamo abituati a trovare tutto quello che vogliamo ogni volta che lo vogliamo, anche quando non c’entra niente con l’ambiente che ci circonda. E questo è la causa della perdita di identità di molti paesi di montagna, ma non solo. Non importa se siamo in spiaggia o a 2000m, l’importante è che ci sia musica a tutto volume e un castello gonfiabile per intrattenere i più piccoli. Che poi è lo stesso motivo che ci porta a comprare i pomodori in pieno inverno, o a cercare una cena di pesce a Cortina d’Ampezzo. Ed è un circolo vizioso, perché più chiediamo e più ci sarà dato, e viceversa. In questo caso forse è compito di chi offre questi servizi dire basta, porsi un limite a discapito del profitto.

  3. Problema numero tre: trasformiamo tutto ciò che ci circonda per adattarlo alle nostre esigenze invece che adattare noi stessi, le nostre aspettative e il nostro comportamento a qualcosa che c’è già e che dovrebbe prevalere sui nostri “capricci”. Di conseguenza non andiamo più in vacanza in montagna per la montagna in sé, ma per quello che lì è stato costruito, per quello che lì ci viene offerto. E questo porta a più infrastrutture, più strade, rifugi più grandi e lussuosi, più impianti di risalita, meno alberi, meno biodiversità, meno natura. Lo stesso circolo vizioso di cui parlavamo poco fa. Sarebbe meglio, invece, imparare ad accettare la montagna così com’è. Non sarà “comoda”, ma è speciale proprio per questo.

 

Tutto ciò nel nome della crescita, turistica ed economica. O almeno così vogliamo credere, perché in realtà questo modo di fare porta solo alla distruzione degli ambienti montani che tanto diciamo di voler visitare. Quelle strade distruggono i pascoli e i pastori locali non ci potranno più portare le loro bestie. Quelle funivie tolgono spazio alla fauna selvatica, oltre a toglierci la soddisfazione di arrivare in cima con grande fatica, quintessenza dell’andare in montagna. Quei rifugi di lusso che offrono sushi, ostriche e champagne trasmettono un messaggio sbagliato a chi arriva per pranzo e cioè che la tradizione non esiste, che è normale trovare il mare in montagna, il lusso dove dovrebbe regnare la semplicità.

lago alpino

Le avventure preconfezionate che attraggono tanto il turista stanno distruggendo l’idea di montagna come di un luogo dove la vita scorre più lenta e tranquilla. E dopo il terribile caos di ferragosto tutto torna a tacere, e ciò che resta è ciò che è sempre stato lì ma nessuno sembra più vedere: la montagna.

Non è facile per me continuare a fare il mio lavoro e allo stesso tempo accettare l’impatto che il mio lavoro e i miei clienti hanno sulla montagna, e sull’idea di montagna. È giusto mettersi in coda per andare a vedere le Tre Cime di Lavaredo quando magari un paio di valli più in là non c’è nessuno? È giusto farsi trasportare il bagaglio da un rifugio all’altro per poter camminare senza troppo peso sulle spalle? È giusto pretendere di potersi fare la doccia in rifugio ogni giorno, a qualsiasi quota e in qualsiasi condizione? È giusto fare il Tour del Monte Bianco per poter postare quella foto che ho visto su Instagram, senza però sapere cosa sia il Monte Bianco o dove si trovi?

Mi piace pensare di poter insegnare qualcosa alle persone che vengono in montagna con me, di poter condividere con loro le mie paure rispetto all’impatto che l’attività che stiamo svolgendo ha sull’ambiente e di poter, nel mio piccolo, cambiare le cose. Ma è sufficiente?

Le nostre vacanze di bambini degli anni ’90 devono sembrare così vuote e noiose agli occhi di un bambino di oggi. Ci divertivamo con poco, con cose che non potevano essere comprate perché erano già lì. Sono contenta che le mie vacanze estive siano state così, e sono convinta che piacerebbero ad ogni bambino. Forse piacerebbero anche a qualche adulto, e sicuramente alla montagna.

Foto: Cecilia Mariani